Ella sulle onde: la storia di un viaggio da affrontare

Ella sulle onde” è un albo illustrato che racconta la storia di un viaggio da affrontare. Ella parte su una piccola barca, che diventa la storia per ritrovare la felicità, la storia che parte da una notte buia, un momento triste, e da lì la necessità di cercarsi.

Spesso la metafora del viaggio viene usata in psicologia proprio perchè legata alla fasi in cui un viaggio si vive: partenza, percorso e arrivo. In questo albo sono tutte presenti e penso che ognuno di noi possa trovare la sua parte di viaggio. Iniziamo.

partenza

Ella si trova in un luogo privo di luce, è da sola seduta su una piccola nave e ha paura. Penso a tutti i bambine e le bambine, le ragazze e i ragazzi, le famiglie che vedo per lavoro e che spesso si sentono soli, abbandonati e brancolano nel buio per capire dove trovare le risposte che cercano. In questi momenti non c’è il dinamismo che spesso si associa al viaggio, ma c’è la staticità, il sentirsi immobile. La partenza non sempre viene da una spinta, a volte nasce proprio dal vedersi fermi.

Vedo che non mi sento meglio, vedo che a scuola non miglioro, vedo che non mi sento tranquillǝ, vedo che non stanno cambiando le mie relazioni, vedo che gli altri si muovono e io sono fermǝ.

percorso

Ella viene invitata a partire da un uccello bianco, o meglio a continuare il suo viaggio. Questo personaggio la accompagna, non la costringe, non la tira, non la tiene per mano, ma accompagna da lontano.

Penso a quante volte le persone, i bambini e le bambine, si trovino in una situazione di paura, di solitudine, in momenti dolorosi della loro vita o semplicemente in momenti in cui tutto sembra fermo. A volte è sufficiente trovare qualcuno che ci accompagna dall’alto, che segue i nostri passi dalla giusta distanza: può essere un insegnante, un amico, un terapista…e su questo mi soffermo un attimo.

creative photo of person holding glass mason jar under a starry sky
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Occuparsi di salute mentale non significa mai e poi mai sostituirsi. Non significa dire le cose più comode da fare o dire quello che fa piacere. Occuparsi di salute mentale significa mantenere la giusta distanza per mostrare nuove strade e nuove prospettive. Il buio non si scaccia all’improvviso con una luce accecante, si fa strada con un piccolo lumino, non dobbiamo spaventare, ma dare la giusta intensità di luce al cammino che proponiamo.

Nella pratica non possiamo solo soffermarci sul risultato finale che vorremmo ottenere (migliorare l’attenzione, essere più felici, migliorare l’apprendimento scolastico…), ma dobbiamo partire da come ci si sente ora, dalle abilità che possiamo usare da subito, e da lì sviluppare…il nostro viaggio.

una balena lungo il percorso
Ella sulle onde la storia di un viaggio da affrontare

Verso la metà del viaggio, Ella è sconsolata, qualcuno l’ha aiutata ad andare avanti, altri invece l’hanno ostacolata, ma poi incontra una balena. Meglio, la balena va verso il cammino di Ella. Durante il percorso c’è la casualità, ma spesso c’è anche l’intenzione di aiutare.

L’intenzione nell’aiuto deve essere sempre da entrambe le parti: chi aiuta e chi viene aiutato. Balena spiega come può aiutare Ella, ed Ella si fida e si lascia aiutare.

Quando si inizia un percorso terapeutico o di riabilitazione, la prima parte, la più importante, è quella di definire gli obiettivi, spiegare in cosa consiste il nostro aiuto. Balena però può essere anche una persona che porta la sua esperienza “di chi ha navigato per tanto tempo nell’oceano”, e la sua esperienza, è diversa da quella di Ella ma ne conosce più sfumature, ne riporta una storia. Ella trova in balena, un aiuto che non solo la sostiene, ma che la fa sentire compresa. Ciò non significa che un professionista per la salute mentale debba passare tutte le difficoltà dell’altro, ma che deve conoscere le proprie emozioni, le proprie fatiche ed i propri limiti (diffidate sempre da chi si occupa di tutto! come si fa a solcare l’oceano e a comprendere anche le montagne?).

arrivo
Ella sulle onde la storia di un viaggio da affrontare

Ella durante il percorso incontra personaggi ed emozioni spaventose. Ella resta seduta sulla sua barchetta in preda alle onde fino a quando non scorge l’arrivo. Un luogo con tante persone che stavano navigando come lei. Di persone che erano a fianco a lei sulle proprie barchette per arrivare sull’isola in cui si trovano tutti ora.

Non sappiamo se questa isoletta si l’arrivo, o solo un primo arrivo…o forse il secondo o il terzo.

Il viaggio per comprendersi, per raggiungere un obiettivo personale, per sentirsi meno affaticati, può avere moltissime tappe, moltissimi arrivi. La cosa principale è ricordare ogni parte del viaggio, ricordare la disperazione del buio, il sollievo dell’aiuto, il dubbio davanti alle onde potenti, la luce che di rende più chiaro il percorso.

La cosa principale di ogni viaggio è davvero il viaggio stesso.

Questo albo illustrato non toglie niente, non rende tutto bello, mostra le difficoltà e i momenti di delusione. Ogni volta che intraprendiamo un percorso per la salute mentale dobbiamo dire anche queste parti: la fatica del cambiamento, le cose che potrebbero cambiare durante il percorso, le eventuali ricadute causate da eventi o persone specifiche. Questi si chiamano fattori precipitanti, come quelliche fanno precipitare le persone dalle navi…ma ci sono anche i fattori protettivi, come la balena che ci sostiene mentre stiamo per cadere.

Ecco penso che questo albo sia meraviglioso per illustrare un nuovo viaggio per la salute mentale da effettuare insieme.

Approfondimenti

https://www.stateofmind.it/2019/09/viaggio-psicologia/

https://www.terre.it/prodotto/ella-sulle-onde/

Perché parlare di fiducia in sé stessi “self confidence” e non di autostima

Pixabay

Il termine autostima è sempre fra le parole più usate, e abusate, quando una persona non si percepisce “abbastanza bravǝ” per fare qualcosa. Si parla di percorsi per “aumentare l’autostima”, corsi per “insegnare l’autostima”, ma siamo davvero sicuri che sia il percorso giusto per farlo? Siamo sicuri che per aiutare unǝ bambinǝ o unǝ ragazziǝ abbiamo bisogno di aumentare un valore numerico che lui o lei vuole darsi? Ecco io vorrei iniziare a parlare di : fiducia in sé stessi.

la fiducia in sé stessi non si insegna ma si sperimenta

Primo punto fondamentale: non si insegna in 10 sedute l’autostima; “è infatti difficile accrescere l’autostima di un individuo, poiché è stato dimostrato come essa è altamente resistente al cambiamento” (Swann, 1996). Quindi capite che se è resistente al cambiamento, allora non la posso “insegnare”, non si modifica con alcuni esercizi creati in modo specifico a tavolino.

Il concetto di “autostima” è un concetto multidimensionale, contiene la stima che ho di me e del mio corpo, di me nella mia famiglia, di me con i miei pari, di me nella mia vita scolastica o professionale. Questa particolarità sottende quanto si formi sin da bambini questo concetto…concetto però che è altamente giudicante. Pensate a unǝ bambinǝ che impara un nuovo gioco, sarà felice e si dirà che è un ottimǝ giocatore o giocatrice, che è migliore degli altri… questo però metterà gli altri in una situazione di inferiorità agli occhi del bambinǝ. Pensate se lo stessǝ bambinǝ un giorno perdesse allo stesso gioco, non sarà solo sfortuna o qualche errore commesso che ha stabilito il risultato… sarà la persona stessa a perdere il proprio valore e a valutarsi in modo negativo.

“Ti cerco ti trovo” ed. Camelozampa

Il concetto di autostima in questo modo intacca l’individualità della persona, fa sì che la persona stessa dia una “stima” numerica a ciò che fa e quello che fa, diventa quello che è. La persona diventa un giudizio, la persona diventa un numero da incasellare e perde il suo valore di complessità. Proprio per questo penso che il termine autostima, sia da sostituire, perchè al suo interno nasconde giudizi negativi verso di sé, e la minima possibilità di cambiamento.

alcune ricerche

Secondo le ricerche le situazioni in cui la ricerca di validazione di sé dipende da conferme altrui hanno costi personali particolarmente alti (Crocker, 2002; Pyszczynski, Greenberg e Goldenberg, 2002); in età adulta, l’autostima è costituita prevalentemente da giudizi e confronti con l’esterno (Coopersmith, 1967; Harter, 1999). L’autostima si basa moltissimo sul giudizio degli altri, su come mi vedono, sul giudizio che mi danno, sulle caratteristiche che gli altri vedono in me (Cooley, 1902, 1956; Mead, 1934). Il confronto sociale è quindi fattore determinante aggiuntivo nell’autostima (Aspinwall e Taylor, 1993; Beach e Tesser, 1995; Buunk, 1998; Deci e Ryan, 1995; Suls e Wills, 1991). Insomma oltre ai giudizi individuai che costruisco personalmente nell’arco di vita, si aggiungono anche tutti i giudizi sociali per cui sappiamo che spesso creano pregiudizi che se interiorizzati, diventano un freno per la persona e possono poi diventare stigmatizzanti ( ne avevo parlato qui https://www.serenaneri.it/pregiudizi-sulla-salute-mentale/).

Con questo primo punto per cui si sperimenta ogni giorno la crescita personale, penso davvero sia necessario parlare di fiducia in sé stessi “self confidence” e non di autostima

parlare di fiducia in sé stessi “self confidence” e non di autostima

Se parliamo di fiducia in sé stessi intendiamo sempre un costrutto formato da più aspetti, ma leggete la differenza fra prima (quanto sono bravo nel gioco, quanto valgo come studentǝ, …) e ora:

Quanta fiducia ho delle mie emozioni? Riesco a riconferme e gestirle? Quanta fiducia ho nelle mie abilità? Penso di riuscire a superare un errore, qualcosa che non va come pensavo? Ho fiducia nella mia capacità di risolvere i problemi che incontro ogni giorno?

La self confidence, è molto di più del termine autostima, è un ragionamento attivo, è metacognitivo (devo pensare al modo in cui io affronto le cose ogni giorno), è un processo che non dà una stima numerica, ma aiuta nel crearsi un dialogo interno attivo, positivo e non giudicante!

nella pratica…
parlare di fiducia in sé stessi “self confidence” e non di autostima
  • Riconosci e sottolinea i tuoi punti di forza.
  • Premiati e lodati per i tuoi sforzi e progressi, durante tutto il percorso, non solo per il tuo risultato finale!
  • Quando fai un errore, tratta te stessǝ con gentilezza, non soffermarti solo sul fallimento.
  • Stabilisci obiettivi realistici e raggiungibili. Non aspettarti la perfezione; è impossibile essere perfetti in ogni aspetto della vita.
  • Pensa alle tue capacità prima di iniziare un qualsiasi compito.
  • Esprimi i tuoi sentimenti e bisogni

Pensate se fin da bambinǝ riuscissimo a capire di rivolgerci a noi stessiǝ in modo gentile (non dire “sei stupidǝ” ma “questa volta non ho fatto un buon compito, la prossima volta farò più attenzione durante lo studio”), se iniziassimo a dire ai bambinǝ non solo bravǝ per il risultato finale, ma per il processo che lo ha condotto lì (hai avuto pazienza quando il colore non andava, hai rispetto in modo gentile al compagno, hai fatto una pausa quando sentivi la rabbia crescere…). Si iniziassimo a prendere confidenza con i nostri limiti, con il fatto che va bene anche non sapere fare delle cose, va bene se non siamo i più bravǝ a correre o a leggere o a socializzare, sono dei limiti che posso voler modificare o accettare per quello che sono, perchè io resto io, anche se non faccio sport o se non ho i voti migliori.

Notate come tutte queste attenzioni rendono la fiducia in se stessi una chiave fondamentale per lo sviluppo della persona? Per questo è importante parlare di fiducia in sé stessi “self confidence” e non di autostima.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

“La self- compassion: il potere di essere gentili con se stessi” Kristin Neff

“Il self handicapping. Strategia di presentazione di sé” Mazzoleni, Pedroni

“The Self-Compassion Workbook for Teens: Mindfulness and Compassion Skills to Overcome Self-Criticism and Embrace Who You Are” di Karen Bluth e Kristin Neff 

https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/13576500444000317

https://journals.francoangeli.it/index.php/modelli-mente-oa/article/view/3442