“Imperfetta” la storia di un corpo

Ci sono albi illustrati le cui immagine richiamano un immaginario infantile, albi illustrati le cui parole richiamano favole antiche, e albi illustrati in cui immagini e parole fanno vivere una storia che spesso è la storia di quasi tutti. Una storia “imperfetta”, la storia di un corpo, e di come subisce ciò che lo circonda.

LA STORIA NARRATA…E QUELLA VISSUTA

Questo albo illustrato è tratto da una storia vera, la storia della nascita di questo libro la potete trovare raccontata da Stefania Ciocca  a questo link. Per questo non mi soffermerò molto sulla trama, ma vorrei narrare la storia proprio partendo dalle immagini e dalle parole dell’albo. Il racconto di questa storia è autobiografico ma racconta anche la storia di quelle volte che ci siamo sentiti e sentite imperfettǝ, di quella volta che abbiamo sentito il desiderio di cambiarci, di quella volta che abbiamo visto un bambino o una bambina, guardarsi allo specchio senza piacersi perchè non uguale a qualcun altro, racconta di tutte le volte che ci siamo chiestǝ se avesse un senso modificare parti del nostro corpo… e se pensiamo di non aver mai avuto questi momenti: l’albo ci ricorda di quella volta che abbiamo provato tutto questo senza che ce ne accorgessimo.  

salute e bellezza

La storia inizia sin dalle prime pagine parlando del concetto di salute e di bellezza. Torniamo a un tema a me caro soprattutto negli ultimi anni, sul fatto che tendiamo a vedere come “sano” ciò che è anche esteticamente bello ( che poi ce lo portiamo avanti dall’antica Grecia, ma andiamo avanti…). I protagonisti del libro sono un’artista e un chirurgo plastico, e per l’artista era impensabile operare qualcosa di sano perchè diventi anche bello. 

Quante volte però anche noi scegliamo scelte belle, e intacchiamo ciò che c’è di sano? Mi vengono in mente i buchi alle orecchie, che appartengono da millenni alle culture umane ma che non hanno un senso di salute, anzi sono un foro nelle nostre orecchie, ma diventano per noi un valore personale e sociale. Solo su questa prima parte potrei scrivere pagine e pagine di riflessioni ma cercherò di concentrarmi solo su una riflessione: chi e cosa stabilisce ciò che è sano e ciò che è bello? 

La salute viene definita da standard clinici ma anche dalla percezione personalemi sento bene…mi sento forte… mi sento capace di affrontare questa cosa...”. La bellezza viene definita dallo sguardo di ognuno, ma anche dalla società “mi piace questo… ho visto la pubblicità di quello e lo devo avere!… questo vestito proprio non si può vedere, era scritto anche sul tal giornale…“. Quello che però unisce tutto è ciò che sceglie la persona, quanto riusciamo a esprimere e a capire cosa per noi è davvero bello e cosa scegliamo per il nostro corpo, in una parola: autodeterminazione. Questo deve iniziare sin da bambini, trovate un approfondimento qui .

la bellezza, il corpo e il pregiudizio 

Dave e Andrea, sono innamorati e si scambiano cartoline sulle loro giornate. Nelle aspettative di Andrea, l’artista, le giornate di Dave erano costellate di persone che volevano modificare il proprio corpo per apparire migliori, più bellǝ  , ma si accorge che Dave dona nuove possibilità.  Dona ai corpi delle persone la possibilità di sentirsi a proprio agio, di riacquistare parti di pelle che si erano rotte o ustionate.

Andrea ci mostra il pregiudizio ma anche la capacità di mettersi in ascolto, di andare oltre.  Sin da piccoli interiorizziamo i concetti di bellezza, cerchiamo di rappresentarli in pieno: il modo in cui vestirci, quanto essere forti, come avere i capelli… sono tutti interiorizzazioni di ciò che la società definisce bello e in questo albo Andrea si chiede davvero quanto costa raggiungere la bellezza.

la bellezza e il giudizio 
 

Una frase semplice che forse abbiamo pronunciato più e più volte nella nostra vita “temeva che lo avrebbero preso in giro…” . Dave racconta di come una mamma ha chiesto di operare il proprio figlio per paura delle derisioni che avrebbero potuto esserci in futuro. Queste frasi risvegliano in noi adulti la paura del nostro passato in cui magari siamo stati derisi, offesi, picchiati, allontanati, lasciati da soli, incompresi… e tutte queste emozioni ci fanno paura perchè tornano e tornano le sensazioni corporee che queste emozioni ci hanno lasciato.
Andrea rivive in prima persona il suo passato in cui aveva iniziato a pensare di modificare il proprio corpo perchè non magro, perchè il naso era grosso, perchè il suo corpo “mi pareva informe e sgraziato… ero imbarazzata. Mi sentivo strana.” Pensa a come per tutti la scuola fosse un inferno tranne per l’unica ragazza che rispettava tutti i canoni di bellezza: il corpo era della dimensione giusta, i capelli perfetti, i vestiti alla moda. Per poter accompagnare bambini e bambine a sviluppare un’immagine corporea positiva, dobbiamo partire dagli adulti e dalle frasi, emozioni e sensazioni che hanno vissuto loro in prima persona, aiutarli a comprendere per poter modificare ciò che possono fare oggi. Per questo è nato il progetto “C’era una forma…” potete cliccare qui per saperne di più. 
decidere di essere imperfetta 

Andrea sceglie di restare “imperfetta“, ma la parte più interessante è la descrizione della sua fatica. Sì, proprio la fatica, scegliere di non cambiare, di stare in un luogo in cui si viene giudicati per come è il proprio corpo, è una scelta faticosa che richiede tempo per pensare alle conseguenze, al proprio sentire, a ciò che comporta quella decisione. Non è vero e nemmeno realistico usare frasi come “fregatene…non ci pensare… pensa con la tua testa” perchè non viviamo soli e nemmeno in un mondo perfetto.

Quello che possiamo fare sin da piccoli è lavorare sul come poter reagire ad alcuni eventi, alcune parole, alcune situazioni che possono accadere realmente. Costruire non solo una serie di risposte verbali da poter utilizzare, ma un vocabolario emotivo da sperimentare e su cui potersi sintonizzare.

la mia storia è la storia anche del mio corpo

Andrea spiega la sua storia in queste pagine . Lo spiega senza retorica, ci mette fatica, contraddizioni, pensieri, emozioni e comportamenti. Racconta la sua storia di bambina quando ormai è adulta, ma sarebbe bellissimo poter aiutare in quella fatica i bambini e le bambine che ora si sentono così, che ora sentono quel giudizio e quella fatica per accompagnarli e comprendere se le imperfezioni che vedono, lo sono davvero e possono conviverci e se non possono, aiutarli a capire il perchè.

Parlare di corpi significa vederli

“Love your body” di Jessica Sanders e illustrato da Carol Rossetti

Quando si sente dire o si legge che parlare di corpi è un fattore culturale, spesso si pensa che sia un modo di dire, un pregiudizio, e invece è reale. Quando vi parlo di libri che parlano di corpi, di illustrazioni in cui vengano mostrati corpi diversi, devo sempre mostrarvi libri stranieri. Cerchiamo di non vedere l’aspetto linguistico come un ostacolo, ma iniziamo a guardare questo albo…

introduzione: inclusività già dall’inizio

Nelle note dell’autore troviamo già un’attenzione incredibile (mia traduzione personale):

“Questo libro è stato scritto per le ragazze e per chi si identifica come una ragazza. In ogni modo, il linguaggio che ho usato non è legato al genere ed è universale. Gli effetti di un’immagine corporea negativa, riguarda tutti, non riguarda un solo genere, etnia o orientamento sessuale”

Questa introduzione ci rimanda ai principi di uguaglianza, di inclusività e di ascolto rispetto alla persona che abbiamo davanti. Nelle prime pagine dell’albo trovate immagini di tanti corpi diversi, tutte che mostrano il loro corpo per quello che è: un corpo. Un corpo da accettare, un corpo che è in uno spazio.

il corpo e lo spazio

Spesso parliamo di cambiamenti del proprio corpo, di un corpo che cresce ma mai di un corpo che occupa spazio. In questo albo troviamo proprio la parola “spazio”.

Il tuo corpo cambierà internamente ed esternamente. Il tuo corpo diventare più grande, e questo significa che prenderà più spazio, e questo va bene!

Parlare di spazio è importante perché è una sensazione reale, concreta e costante. Quando ci sediamo sentiamo il nostro corpo occupare la sedia, quando camminano per una via affollata sentiamo il nostro corpo occupare uno spazio, prendere contro ad altri corpi, quando non troviamo un posto per sederci, vediamo lo spazio che manca o cerchiamo di capire se in uno spazio ristretto il nostro corpo può sedersi.

Nei disturbi del comportamento alimentare, uno degli aspetti rilevanti legati all’immagine corporea è proprio quello della percezione tattile legata alla percezione del corpo propello spazio. Da una parte c’è una componete percettiva significativa, dall’altro c’è l’idea costante che occupare spazio sia un male. Che occupare spazio sia un problema, anche perchè spesso non tutti gli spazi sono adatti a tutti i tipi di corpi. In questo contesto parlare di spazio significa fare prevenzione e legittimare ogni corpo ad occupare il proprio spazio.

Qui un articolo scientifico a riguardo: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0165178111003623

cosa posso fare..non solo ciò che vedo

In molte pagine viene mostrato quello che può fare un corpo: abbracciare, ascoltare la musica, fare sport, annusare, leggere… tutte cose che il nostro corpo fa indipendentemente dalla sua forma e dimensione.

C’è un ampio spazio dedicato anche a gesti, pratiche, pensieri che possono aiutare ad aver un approccio di gratitudine verso il proprio corpo.

Ringraziare e non giudicare

Ringraziare il proprio corpo e non usare parole giudicanti è un aspetto importantissimo di prevenzione. Il modo in cui dialoghiamo internamente con il nostro corpo forma i nostri pensieri e le nostre emozioni e sensazioni. Avere libri che possono dare aiuti concreti sulle parole, sulle azioni e sui comportamenti possibili da utilizzare è uno strumento di grande importanza… e capace di cambiare la vita di bambini e bambine.

ciò di cui il mio corpo ha bisogno

Nell’albo c’è ampio spazio anche per l’idea del riposo, del sentire i propri bisogni, sentire il proprio corpo e dare al proprio corpo il tempo del riposo. Quanto è importante nella nostra società performativa, dire che il nostro corpo ha bisogno di riposo, di fare attività piacevoli, di essere ascoltato.

Anche questo aspetto è un importante aspetto di prevenzione: nessun perfezionismo ma tanto ascolto e la possibilità di scegliere di fermarsi. Questo aspetto spesso viene sottovalutato, si pensa che bambinǝ e ragazzǝ non siano mai stanchǝ, invece dare loro il tempo di capire ciò che il corpo chiede è un aspetto di estrema importanza, anche per imparare ad ascoltarsi aiuta ad avere pensieri gentili ed evita i pensieri estremi.

chiedere aiuto..anche prima che serva

L’importanza di chiedere aiuto anche prima che ci siano segni visibili che possano essere definiti sintomi (manifestazione di un disagio o di una malattia), chiedere aiuto per comprendere le modalità e strategie che si mettono in atto quando si pensa il proprio corpo, Capire quali sono gli aspetti sociali che influiscono sulle nostre idee e percezioni.

Tutto questo è prevenzione.

Trovi molti articoli a riguardo qui https://www.serenaneri.it/category/prevenzione/

nessuna pianura, solo montagne

Alla fine il libro non ci propone false realtà, aspettative non realistiche, ma ci propone una montagna. Come in montagna la visione e percezione del nostro corpo cambia: può essere faticosa, può essere soddisfacente, può essere stabile e piatta o cambiare rapidamente. Può darci le vertigini e farci soffrire, o può permetterci di riposare… tutto questo è normale.

Spiegare la normalità di questi alti e bassi, previene che ci si spaventi nel viverli, previene che ci si senta impreparati quando si sentono.

Parleremo di questo albo, di altri albi illustrati e di corpi nel progetto

“C’era una forma… come parlare di corpi a bambinǝ e ragazzǝ” trovate il dettaglio qui https://www.serenaneri.it/cera-una-forma-una-newsletter-per-parlare-di-corpi-con-bambini-e-ragazzi/

“Dentro me cosa c’è?” perché è importante che bambini e ragazzi conoscano chi sono

Dentro me cosa c’è? edito da Terre Di Mezzo

Tutte le persone in momenti diversi della vita si fanno questa domanda: dentro me cosa c’è? E’ una domanda che contiene il senso della persona, l’esigenza di conoscersi, il capire chi si è e cosa sta dentro la nostra mente e dentro il nostro corpo. Quindi chiediamoci “Dentro me cosa c’è?” e perchè è importante che bambini e ragazzi conoscano chi sono.

le emozioni

Partiamo da loro: le emozioni. Sulle emozioni si è detto moltissimo, ci sono tantissimi libri, corsi di formazione, film… ma spesso non ci si ferma ad ascoltarle. Guardate questa illustrazione ci sono molte emozioni al suo interno, c’è il nero, il colore, l’illustrazione, il buio (cosa vedo), il mal di pancia (cosa sento), l’emozione (le farfalle nello stomaco). Dividere e allo stesso tempo, unire, ciò che si prova quando si sente un’emozione è un processo difficile che richiede tempo, richiede allenamento ma è fondamentale per sapere cosa si prova.

Abituare i bambini, che saranno poi ragazzi, a fermarsi a sentire ciò che c’è dentro di loro, è uno degli aspetti fondamentali per sapere nel modo più preciso possibile, cosa provo in quella situazione e quindi come posso reagire. Questo aspetto diventa quindi un fattore protettivo ( trovi un approfondimento qui https://www.serenaneri.it/pregiudizi-sulla-salute-mentale/ ).

I pensieri

Spesso questo è l’aspetto più difficile per i bambini e le bambine, dare voce ai propri pensieri. Per farlo abbiamo bisogno come prima di fermarci, di ascoltare “nel cervello molti perchè” . La capacità di comprendere i propri pensieri, è un fattore protettivo in quanto permette alla persona di sentire come propri i pensieri che sente e questo dà la capacità di poterli anticipare (cosa penso in questa situazione), ma anche di pensare a ciò che potrebbe accadere dopo ( cosa potrei pensare in questa situazione). Avere la capacità di sentire e dare voce ai propri pensieri, è un enorme fattore protettivo perchè permette la possibilità di utilizzare il problem solving, la flessibilità cognitiva, la comprensione dei pensieri dell’altro.

Forse ci capita spesso di chiedere ai bambini cosa hanno fatto, ma poco di chiedere “cosa hai pensato in quel momento?”… questo potrebbe già essere un ottimo inizio.

io sono anche il mio corpo

Tendiamo a essere molto attenti al benessere fisico dei bambini, li guardiamo, li osserviamo, vediamo se crescono in modo adeguato, chiediamo al medico se tutto va bene… poi cambia il nostro sguardo. I corpi diventano qualcosa da giudicare, da osservare perchè non diventi qualcosa di “diverso” da ciò che dovrebbe essere. Il corpo diventa un accessorio proprio nel momento in cui il corpo viene giudicato a livello sociale, viene vissuto come faticoso e pieni di cambiamenti.

“Dentro me cosa c’è?” descrive anche un corpo, uno stomaco, una pettinatura… e tutto questo arricchisce la domanda iniziale e pone la domanda esistenziale del “sono io?” . Sono io quel corpo che cambia, quel taglio di capelli, quel vestito che mi sta in quel modo, questi piedi che crescono, questo viso che cambia…

Il corpo fa parte del nostro modo di conoscere noi stessi e ciò che ci sta attorno, ma se considero il corpo solo come qualcosa da giudicare, da riempire o da svuotare, come posso riconoscerlo strumento di conoscenza fondamentale per la mia persona?

Iniziamo a mostrare e descrivere come il nostro corpo ci aiuta nelle azioni quotidiane , anzi sia fondamentale indipendentemente dall’essere magro o grasso, lungo o corto, con o senza una disabilità, ma iniziare a descrivere il proprio corpo senza giudizio.

noi siamo tante cose…non cerchiamo di semplificarlo!

Spesso cerchiamo di incasellare i bambini e i ragazzi in poche parole o in poche azioni, dimenticandoci che tutti noi siamo tante cose insieme, che sono i momenti diversi che ci caratterizzano e che oltre alle etichette, siamo anche una serie di scelte, di passioni, di valori, sin da piccoli.

Abituare alla complessità, all’esperienza delle molteplici risposte, aiuta a comprendere che ci possono essere varie soluzioni, che ci possono essere più comportamenti adeguati in un solo contesto. Permette di fondere senza giudizio più emozioni diverse, più pensieri diversi a volte anche contrapposte fra loro.

Unǝ bambinǝ può provare estrema gioia a casa ed estrema tristezza in un altro contesto, è sempre lǝ stessǝ bambinǝ ma, non dobbiamo pensarlo solo come felice o triste; è un insieme di tutte queste emozioni e sensazioni.

Dentro me cosa c’è?… un’infinità di cose, questo albo illustrato ci permette proprio di comprenderle tutte. Buona esplorazione di complessità a tuttiǝ voi!

per saperne di più

Per capire ancora meglio cosa si intende per fattori protettivi puoi leggere questo articolo dell’UNICEF https://www.unicef.it/diritti-bambini-italia/salute/salute-mentale/

Aiutare bambini e ragazzi ad avere un’immagine positiva del proprio corpo

Fare prevenzione per la salute mentale, significa anche aiutare i bambini e i ragazzi ad avere un’immagine positiva del proprio corpo. Significa iniziare a mostrare, a far vedere, non solo un modello definito di corpo, ma mostrarne molti, tanti quanti se ne trovano nella realtà. Avevo già parlato di questi temi che potete trovare qui https://www.serenaneri.it/category/prevenzione/ . In questo articolo cerco di spiegare in modo chiaro e specifico il concetto di immagine corporea nei bambini e nelle bambine.

che cosa si intende con immagine corporea
tratto da “All bodies are good bodies” di Charlotte Barkla e Erika Sarcedo

Per immagine corporea si intende il modo in cui sentiamo e pensiamo il nostro corpo, ha a che fare con: la grandezza, forma, vestiti, e per le persone con disabilità anche con gli strumenti che servono e sono per loro un aiuto (sedia a rotelle, apparecchio acustico, protesi).

Su questo ultimo punto è davvero importante soffermarsi: spesso non si tiene in considerazione l’aspetto della percezione del proprio corpo per le persone disabili, si pensa che siano strumenti “che servono” e che quindi non vengano mentallizzati e pensati come parti del proprio corpo. Sono invece aspetti importanti di cui tenere conto, soprattutto nei bambini che spesso, proprio in questa fascia di età, iniziano ad utilizzare questi aiuti per il loro corpo.

La propria immagine corporea viene influenzata dalla società, dalla famiglia, dai social, dalla tv, dai libri, dai commenti delle persone; per questo è un elemento estremamente dinamico e necessario per sviluppare una buona idea di sé, e per migliorare anche la propria autostima.

perchè parlare di immagine corporea con i bambini?

L’immagine corporea nelle bambine e nei bambini, è uno dei fattori di rischio che possono causare possibili disturbi mentali in adolescenza e in età adulta. Persone con un’immagine negativa del proprio corpo rischiano non solo di sviluppare disturbi alimentari, ma anche di aumentare i livelli di ansia, stress e quindi hanno maggiori probabilità di sviluppare disturbi depressivi.

Avere un’immagine positiva del proprio corpo può diventare un fattore protettivo per evitare disturbi mentali gravi, ma anche disturbi temporanei, che però possono influire sulla socialità ( ansia sociale, disturbi alimentari).

cosa significa avere un’immagine del proprio corpo positiva
faceless people scolding discontent black girl
Photo by Monstera on Pexels.com

Pensate a un bambino o a una bambina, che pensa di essere grassa o grasso, che pensa di essere mal vestita o mal vestito, un bambinə che pensa di non poter giocare perchè il suo corpo è diverso dalla maggior parte dei corpi che vede intorno a sé. Pensate a un bambinə che pensa continuamente allo spazio che occupa, o si preoccupa di ciò che gli altri potrebbero dire sul suo corpo… come si sentirebbe? E voi come vi sentireste?

Le emozioni che emergono sarebbero, probabilmente, di tristezza, rabbia, ansia, inadeguatezza. Avremmo voglia di nasconderci, di evitare quella cosa, saremmo sempre in ansia per capire come gestire questa difficile situazione. Ecco perchè abbiamo bisogno di sviluppare il più possibile un’immagine positiva del nostro corpo, ecco cosa significa:

  • essere felici del proprio corpo per ciò che è
  • sentirsi a proprio agio con il proprio corpo
  • essere soddisfatti di come ci vediamo
  • essere consapevoli che “il corpo perfetto” non esiste
  • riconoscere che ciò che sono come persona è più importante di come appaio
  • non lasciare che l’apparenza detti le leggi della mia vita
  • essere consapevole che il benessere fisico del mio corpo è più importante di come appare
in che modo Aiutare bambini e ragazzi ad avere un’immagine positiva del proprio corpo

Uno dei primi passi per raggiungere questi obiettivi, è quello di evitare ogni forma di giudizio. È importante che gli adulti siano di esempio e non commento i corpi di altre persone per strade, che si sottolinei la capacità di fare qualcosa o di caratteristiche personali, rispetto al corpo ( ad esempio è meglio dire “ti sei impegnato moltissimo in questo compito” piuttosto che “ha un corpo davvero perfetto per fare questo sport”).

I bambini devono sapere che nessuno ha il diritto di dire loro chi dovrebbero essere o come dovrebbero apparire, dobbiamo coltivare i loro punti di forza e la loro capacità di risolvere e superare le difficoltà, sottolinenando l’unicità di ognuno e ognuna.

Il corpo deve essere descritto non solo in termini di bellezza, ma anche rispetto a tutto ciò che di comune e quotidiano riesce a svolgere, sottolineiamo quanto i bambini e le bambine hanno corso veloce, o hanno costruito grazie alle loro mani in modo preciso. Mostriamo ciò di cui il nostro corpo è capace, non solo perchè è atletico o allenato, ma perchè è un corpo creato per il movimento. La cura del corpo non deve passare solo come un fattore estetico, ma come un momento di benessere con se stessi; la cura del proprio corpo non è attraverso i trucchi o le feste a tema spa, la cura del nostro corpo è essere consapevoli della piacevolezza di una doccia calda, del profumo del dentifricio quando ci laviamo i denti… essere consapevoli di ciò che il nostro corpo sa fare significa mostrare a noi stessi il nostro corpo per quello che è realmente.

“I am enough” di Grace Byers

Le immagini creano i miei pensieri: come i corpi delle persone vengono disegnati

“Bodies are cool” di Tyler Feder

I libri per bambini e ragazzi, i cartoni animati televisivi, sono pieni di disegni. A volte sono disegni bellissimi e curati, altre volte invece sono abbozzati e stereotipati. Ma c’è sempre una cosa che manca: la rappresentazione reale dei corpi! Perchè è importante parlarne? Perchè le immagini creano i mie pensieri.

In questo articolo vedremo alcuni stereotipi sul corpo dei bambini e delle bambine, e come questo influisca la mentalizzazione, cioè l’abilità di considerare le intenzioni e gli stati mentali dell’altro e di come i nostri comportamenti influiscano sugli altri.

gli stereotipi sui corpi grassi deə bambinə

Qualche giorno fa ho provato a fare una ricerca su Google digitando solo le parole “bambino grasso” e l’immagine che vedete sotto rappresenta il risultato ottenuto. I bambini grassi sono già stigmatizzati nonostante “grasso” sia solo un termine descrittivo del proprio corpo. Ma anche se leggiamo la definizione del dizionario: “agg. e s. m. [lat. crassus, grassus]. – 1. agg. a. Di persona o animale che, per effetto di una troppo ricca alimentazione, o talora per qualche disfunzione organica, ha il tessuto adiposo abbondante“.

Quindi nella definizione si trova già il motivo che determina la forma del corpo di una persona, di conseguenza questo vale anche per i bambinə e ragazzə. Il termine “grassograssa” porta con se una serie di pregiudizi costruiti su una società che non accetta che ci siano corpi diversi dall’ideale di bellezza proposto (ne avevo parlato anche qui https://www.serenaneri.it/pssst-i-pensieri-segreti-di-viola-e-il-suo-corpo/ ). Quindi secondo la nostra società e le ricerche che vengono fatte maggiormente su Google i bambini e le bambine grasse: mangiano e bevono sempre, non fanno attività fisica, sono lentə e pigrə. Queste stereotipi sono presenti nel modo in cui parliamo, nel modo in cui ci rapportiamo agli altri e anche come i corpi delle persone vengono disegnati.

gli studi scientifici: ovvero non mi sono inventata niente di nuovo
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Photo by Lukas on Pexels.com

Perchè partire dagli studi scientifici? Perchè ci permettono di capire quanto il fenomeno sia importante, esteso e concreto sulla vita di bambinə e ragazzə.

I bambinə vivono nella società e per questo assorbono anche le categorizzazione che gli adulti propongono, secondo la Teoria Socio-cognitiva di Aboud (1988, 2003) “l’intensità degli stereotipi e degli atteggiamenti negativi dei bambini verso i membri del gruppo socialmente svalutati cambia con l’età, in linea con il loro sviluppo cognitivo“( https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5397522/). Questo significa che essere in sovrappeso o obesi nella nostra società è una delle condizioni socialmente più svalutate e stigmatizzate tra i bambini. Questo comporta che i bambini in sovrappeso e obesi abbiano maggiori probabilità di essere svalutati personalmente e socialmente rispetto ai loro coetanei con un corpo conforme. Nello studio del link che trovate sopra, hanno riscontrato che già dai 2 anni i bambini iniziano a creare uno stigma contro il corpo grasso, e che con l’avanzare dell’età, sono cresciuti sempre di più i comportamenti che allontano i bambini normopeso dai bambini grassi. Tra i 5 e gli 8 anni inizia a diminuire la probabilità di associare l’immagine di un corpo grasso alle abilità atletiche, artistiche e sociali.

Questo studi assieme ad altri (Holub, 2008; Kornilaki, 2015) hanno dimostrato come la percezione corretta del proprio corpo da parte dei bambinə grassə aiuterebbe nella socializzazione nel gruppo dei pari. Questo però accade raramente perchè il fenomeno sociale è così forte e radicato, da non permettere un cambiamento reale in questa percezione.

…e arriviamo alla rappresentazione dei corpi…

Come possiamo aumentare la consapevolezza di un corpo grasso senza i pregiudizi che ne derivano? Abbiamo bisogno di cambiare il modo in cui la società e le persone, percepiscono i corpi. Questo può iniziare dalle immagini presenti in libri, giornali, cartoni animati.

Nel libro “Bodies are cool” (disponibile solo in inglese ma traducibilissimo per leggerlo ai bambini) sono presenti corpi diversi: per età, colore, forma, disabilità, occhi, pelle, presenza di peli, smagliature, cicatrici….

Mostrare immagini così ricche della diversità che troviamo nella realtà, permette a tutti di sentirsi rappresentati. Permette di sentirsi capaci, permette di avere la possibilità di dire “questa bambina assomiglia a me!… guarda anche lui ha una cicatrice”.

E anche su questo ci aiuta un articolo scientifico https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/18089260/ che dimostra come l’esposizione maggiore a esempi e modelli in cui la persona grassa è sempre definita come pigra, brutta, incapace, incida sulla percezione e sul giudizio che darò a una persona grassa nella vita reale.

capire cosa c’è nella mente altrui
neon signage
Photo by Ivan Bertolazzi on Pexels.com

Queste rappresentazioni, costanti, continue e sempre uguali, incidono sul tipo di pensiero che abbiamo degli altri, quello di cui parlavo all’inizio: la mentalizzazione. Questa abilità mi permette di comprendere i pensieri e le emozioni dell’altro, ma viene modificata quando i pregiudizi che ho sono così forti, da pensare in modo unico che “quella persona può essere solo in quel modo”… è la base dello stigma. Se fin da piccoli riceviamo un solo modello, una sola possibilità di pensiero, siamo portati a non vedere più l’altro per l’individuo che è, ma solo per ciò che noi, erroneamente, pensiamo possa essere.

quindi: serve prevenzione!
  • Avere la possibilità di avere immagini reali, varie, rappresentative di corpi diversi fra loro, ma uguali a ciò che vedo nel mondo ( case editrici di libri scolastici dico anche a voi!)
  • Spiegare da dove derivano certi stereotipi, perchè siamo portati a pensare che una persona grassa sia pigra o svogliata, aiutare a comprendere la società in cui viviamo
  • Sin da piccoli motivare e incentivare al disegno vero del proprio corpo, non è sempre magro, non ho sempre le gambe lunghe e la vita sottile, e non è detto che quel canone rappresenti sempre la bellezza!
  • Vedere il proprio corpo, toccarlo, ascoltarlo e non solo giudicarlo o confrontarlo
  • iniziare a parlare sul luogo di lavoro, nelle scuole (come vorrei che questo articolo entrasse in tantissime scuole!), con gli amici di queste tematiche e creare informazione

“Bodies are cool” di Tyler Feder

C’era una forma: una fiaba per parlare di salute mentale

C’era una volta, edizioni L’Ippocampo

Tutte le fiabe classiche iniziano con “c’era una volta”, ma qui si parte con “c’era una forma”. Ci insegnano le forme quando siamo bambini, impariamo a misurarle, a riempirle, a scoprire quanto misurano intorno, dentro, quanto misurano da un vertice all’altro..ma non ci insegnano a raccontarle. C’era una forma penso possa essere una fiaba per parlare di salute mentale.

C’era una forma è la storia di un regno, tutta scritta come una splendida filastrocca in stile medioevale, in cui  “tutti erano ben sagomati”. Non c’erano forme senza spigoli e spigoli senza caratteristiche.

Il re angoli retti pensieri ristretti”  è colui che governa il regno guardando tutto con la sua forma, e lo stesso fa con i propri figli, che purtroppo…sono tondi.

Si provò a raddrizzarli ma anche a furia di strizzarli, con stampini e con corsetti, rimanevano imperfetti”, la perfezione era un angolo, acuto o ottuso, ma un angolo! Nessun poteva uscire da queste forme, anche a costo di sacrificarne la vita. 

Inaspettatamente arrivò così una “forma solitaria e del tutto straordinaria”, una fata che cambiava colore e poteva aiutare la regina a concepire un figlio con i vertici, ma anche capace di mostrarle che   “dietro forme lambiccate c’erano qualità spiccate!” per ognuno dei suoi figli.

Ma poi questa figlia così perfettamente triangolare scelse un marito così tondo da riuscire a ballare, il re provò a limarlo, tagliarlo, modellarlo…ma tondo era e tondo tornava fino a quando assieme alla principessa  “per un po’ dimenticarono chi denigrava le loro forme non rientrando nelle norme” .

la rigidità

Quanti spunti ci sono in questo albo, c’è la forma della rigidità. La stessa rigidità che spesso accompagna i nostri pensieri, le nostre scelte, le nostre percezioni e convinzioni. Quanto sarebbe importante riuscire a smussare queste rigidità e prendere le decisioni per ciò che sono senza per forza doverle incastrare in mezzo a piccoli vertici che ci impediscono di guardare oltre. 

Penso a questo albo proprio per attività di psicoeducazione all’ansia, per spiegare i pensieri rigidi e disfunzionali, per mostrare quanto ci accaniamo a limare tutto… ma non vediamo altri pensieri molto più funzionali per noi.

la forma e il corpo

Il guardare la forma degli altri, il corpo degli altri, la forma dei loro vestiti, dei loro accessori, notare se hanno spigoli o curve. Un albo preziosissimo per riflettere sulle forme, su quanta importanza ne diamo se ci troviamo all’interno di un regno in cui la forma è tutto. La curva vista come semplicemente una forma, un altro tipo di forma ma non un errore; una figura con più linee diverse vista per ciò che è e per ciò che può dare, non come un’imperfezione.

Questo albo potrebbe essere davvero uno spunto perfetto per parlare di società grassofobica, di perfezionismo e di come i nostri pensieri sono influenzati dal luogo e da ciò che viviamo ogni giorno.

normalizzare

Tendiamo sempre a far rientrare tutto in caselle, spigoli, linee, ben definite, a cercare un dentro e un fuori… ma spesso c’è una linea che diventa curva o tratteggiata ma resta sempre se stessa, ciò che è e ciò che potrà diventare.

Penso che questa sia la più bella forma di normalizzazione e la più potente spiegazione di salute mentale che si possa dare.

c’era una forma …

“C’era una forma” è un albo che mi ha subito entusiasmato perchè ne ho visto le sue potenzialità per parlare di salute mentale. Vedo questo albo illustrato fra le mani di adulti, di ragazzi, di bambini, lo vedo nelle mani di professionisti della salute mentale ma anche di persone che vogliono essere accettate per la loro forma e cambiare il regno in cui vivono, non le loro linee.  

Il libro puoi trovarlo qui https://www.ippocampoedizioni.it/libro/9788867226955

Pssst! i pensieri segreti di Viola … e il suo corpo…

un libro come strumento di prevenzione

Quanto sono segreti i pensieri, ma anche quanto sono concreti, reali, quanto ci fanno sentire bene o ci creano dolore e confusione. Proviamo a non sentirli, ma i pensieri segreti fanno parte di noi e ascoltarli aiuta a conoscerci, come accade a Viola in “Psst, i pensieri segreti di Viola” … e il suo corpo.

Psst! I pensieri segreti di Viola, Sinnos editore

Viola è un’adolescente che racconta ciò che pensa, ciò che sente, ciò che le fa paura ma anche ciò che le piace, Viola in questo libro racconta tante cose di sé, ma vorrei soffermarmi su come racconta il suo corpo.

Agli occhi degli adulti spesso il corpo di un adolescente è qualcosa di inatteso, inaspettato, qualcosa che evolve in maniera del tutto inaspettata ma anche spaventosa perchè incerta. Agli occhi di Viola il suo corpo… è esattamente così!

Viola cambia velocemente, si guarda, cerca di immaginarsi, di conoscersi, si ritrova nelle facce buffe e in quelle serie fatte davanti a uno specchio, scopre il suo nuovo compagno di vita, il suo corpo, attraverso lo specchio, attraverso gli altri e attraverso ai suoi pensieri.

“A partire dalla preadolescenza le certezze relative al proprio corpo vengono meno e l’individuo è sollecitato a costruirne di nuove , sulla base sia delle trasformazioni anatomiche e fisiche  sia delle attese sociali rispetto all’identità corporea tipizzata: cogliere il punto di vista altrui su di sé e riflettervi si propone come esigenza attiva, volontaria e fortemente ricercata”

-L’inganno dello specchio, L. Dalla Ragione e S. Mencarelli

Prova diversi vestiti, abbina, cambia, si cambia…forse cambia troppo o forse troppo poco; i pensieri si sovrappongono e cambiano da bellissimi a terribili, cambino in continuazione e spesso fermarli e osservarli diventa difficile. Viola cerca ricordi passati, pensa a colorarli a schematizzarli, cerca di racchiuderli in categorie definite…cerca.

come si forma la nostra immagine corporea
Chiedersi “Chi sono io?” significa conoscersi, costruirsi e costruire una mappa di sé in continuo cambiamento

Quello che mostra Viola è come realmente si forma la nostra immagine corporea, come pensiamo il nostro corpo, come lo vediamo e lo sentiamo. Viola attraverso le immagini sul foglio ci fa vivere il passaggio dai pensieri alla realtà, dall’astratto al concreto, e se questo processo non accade o si interrompe, i pensieri di inadeguatezza possono diventare più grandi di me, possono travolgermi.

Penso a quanto sarebbe utile portare questo libro nelle scuole, parlare già ai preadolescenti, del loro corpo, chiedere di guardare queste immagini così reali, così vivide, così vicine e pensare insieme al loro corpo, dare una voce ad un corpo.

Spesso quando si pensa ai disturbi alimentari si pensa che siano solo legati al cibo, ma la parte preponderante spesso è il pensiero legato al proprio corpo, qui la bravissima collega dott.ssa Francesca Tamponi ne parla in un articolo del suo blog: https://dalunediproject.com/index.php/2020/11/30/perche-la-tua-immagine-corporea-e-cosi-importante/

Il corpo viene considerato come un oggetto, da guardare, da misurare, da vestire, da adattare, da sistemare; un oggetto che deve raggiungere una determinata e predefinita forma. C’è una scena molto realistica nel libro in cui Viola si trova fra le frasi “sei un po’ cicciottella” “viola, mangia sei uno stecchino” e “sei assolutamente normale”, da queste frasi parte la ricerca di se stessa. Attraverso il suo corpo, attraverso la sua storia e attraverso le sue emozioni tenendo un diario colmo di disegni, appunti, materiale incollato… un diario che tiene insieme chi è lei.

perchè parlare di prevenzione?

Parlare di prevenzione significa modificare le parole che usiamo spesso in modo superficiale per fare spazio a relazioni e parole più attente, che vanno verso la persona e che non la ostacolano. Significa accompagnare lo sviluppo emotivo, cognitivo e fisico di una persona cercando di prevenire difficoltà o intercettarle prima che diventino un reale problema per la persona.

Fare prevenzione anche attraverso al disegno significa dare tempo e spazio, spazio inteso proprio come spazio fisico, alla persona di conoscersi, riconoscersi e disegnarsi.

“Il disegno che qui consideriamo nella sua funzione narrativa, è un’opportunità e, dunque, una responsabilità”

Prendere posizione, il corpo sulla pagina”, A. Trabacchini Hamelin

Quindi quando penso a questo libro penso a quante attività di attivazione si possono creare attorno alla storia di Viola che è la storia di tanti ragazze e ragazzi che imparano a conoscere il proprio corpo. Penso a quante attività riabilitative siano basate sul disegno del proprio corpo e quanto ci sia ancora poca consapevolezza e poco realismo nel disegnare il nostro vero corpo. Abbiamo interiorizzato una forma che spesso non ci assomiglia ma che assomiglia a ciò che desideriamo, a ciò che ci viene chiesto.

disegnarsi: prendersi spazio sul foglio

Disegnare il proprio corpo significa prendere e dare spazio a se stessi, significa modellare le proprie idee e poterle dare parole e colori. Scrivere ciò che ci viene detto significa prendere consapevolezza che alcune frasi non andrebbero proprio dette nemmeno con la giustificazione “ma non pensavo di poterti far male!”.

Accompagnare questa consapevolezza alla vista di immagini, alla lettura di parole, aiuta a comprendere che alcuni temi comprendono tutti, che non si è strani e nemmeno soli; questa consapevolezza può prevenire il radicarsi di pensieri estremi come “sono bruttə… sono enorme e non piacerò a nessuno… devo dimagrire per essere accettatə… mi vergogno del mio corpo o di questa parte del mio corpo…”.

Fare prevenzione è possibile nelle scuole, in casa, tramite un link su internet… è possibile in tanti diversi modi occorre però iniziare a farlo.