Comunicare e condividere i percorsi riabilitativi con bambini e ragazzi

Spesso nei corsi di formazione, nei manuali, si spiega come comunicare alla famiglia le diagnosi e i disturbi, ma è fondamentale comunicare e condividere i percorsi riabilitativi e le diagnosi anche con i bambini e i ragazzi.

Il termine che viene utilizzato per definire questa capacità è self-advocacyLa capacità di un individuo di comunicare, trasmettere, negoziare o affermare efficacemente i propri interessi, desideri, bisogni e diritti. Implica prendere decisioni informate e assumersi la responsabilità di tali decisioni” (VanReusen et al., 1994).

Lavorare assieme ai bambini e ai ragazzi significa anche renderli partecipi del loro percorso, spiegare cosa stanno facendo e la motivazione. La consapevolezza del fare certe attività o certi discorsi, permette alla persona di riflettere sul suo discorso, sempre tenendo in mente l’età e lo sviluppo emotivo e cognitivo personale. Ora vorrei condividere con voi qualche esempio che spesso mi è stato utile per spiegare a bambini e bambine, un disturbo, una fragilità o il perchè del percorso che avremmo iniziato insieme.

PARTIAMO DAGLI ALBI ILLUSTRATI

Uno degli albi illustrati che preferisco in assoluto è “Un trascurabile dettaglio” edito da Terre di Mezzo e scritto da Anne Gaelle Balìe e Cisl.

In questo albo il protagonista ha un difetto che non gli consente di scrivere e leggere bene e a causa del quale viene messo spesso in punizione e fatica a trovare amici che lo comprendono. Poi arriva un dottore, un dottore che con una “formula magica” rende quel difetto un trascurabile dettaglio che non è più ingombrante, non dà più fastidio ma diventa semplicemente parte della persona.

Questo albo si presta moltissimo con bambini e bambine che hanno un Disturbo dell’apprendimento (DSA), proprio perchè si rispecchiano nel protagonista. Può essere letto in condivisione per poi riflettere su quale “filo” , rende difficoltoso imparare (la lettura lenta, la difficoltà nei calcoli, la scrittura poco comprensibile…), quanto questo filo sia davvero ingombrante e spiegare quali strumenti possono aiutarci a rendere questo filo sempre più piccolo, meno ingombrante, meno invadente.

In questo albo possiamo trovare tanti ganci con la realtà emotiva o rispetto all’ambiente che circonda i bambini.

uno strano elettrodomestico

A volte ascoltando e parlando con bambini e ragazzi, ci accorgiamo che ci sono strumenti quotidiani che si prestano ad essere ottime metafore… come è accaduto a me con il robot aspirapolvere. Esatto, quel piccolo elettrodomestico che aspira i pavimenti, girando autonomamente per casa.

Questo strumento, può essere preziosissimo per spiegare che ci sono strumenti che ci aiutano a svolgere un compito in meno tempo e con meno fatica; uno strumento che tutti vedono ma che nessuno considera qualcosa di sbagliato. Ho usato più volte questa metafora per spiegare perchè è importante usare degli strumenti compensativi ( computer, tavola pitagorica, o anche un semplice memo sul telefono per ricordare gli appuntamenti senza ansia!). Ragionare su ciò che ci circonda, ci permette di vedere tutto in un’ottica nuova, più normale, rassicurante e concreta allo stesso tempo.

cervello e lampadine

Ogni disturbo, ogni fragilità, ogni emozione, parte dal cervello. Occorre spiegare a bambini e ragazzi come è fatto il nostro cervello, perché pensiamo, o ci comportiamo in un certo modo, cosa succede quando siamo in ansia, o arrabbiati o preoccupati, ed ecco altri due libri che possono aiutarci a spiegare come funziona il nostro cervello e che in noi, non c’è nulla di sbagliato:

C come cervello” Nomo edizioni

cosa c’è nella mia testa?” Il Castoro

Il punto sul “sentirsi sbagliato” è fondamentale per condividere progetti. Non dobbiamo “aggiustare, cambiare” dobbiamo condividere che possiamo aiutare a sentirsi più autonomi, più efficaci, sentirsi sicuri di sé, diminuire la fatica nel svolgere un’attività o dare più strumenti per poter scegliere ciò che è meglio, ciò che piace.

Spiegare prima di ogni attività il motivo per cui si fa, il modo con cui la faremo, rende partecipe l’altra persona, non subisce qualcosa di già deciso, non si sente uno spettatore, ma un attore del proprio percorso.

Di seguito lascio una rfiflessione nata durante un colloquio qualche anno fa, la lascio proprio così, perchè spiegare in modo semplice richiede uno sguardo attento, creatività e tanta conoscenza reale di ciò che di cui stiamo parlando.

“Serena, perché leggo più lento dei miei compagni di classe?”

Dentro il tuo cervello ci sono tante LUCINE come quelle che metti sull’albero di Natale hai presente?!
Sono tutte unite in fili e la cosa bella è che quando ne accendi una accendi anche tutte le altre. 
Ad esempio quando stai attento e ascolti la maestra ricordi quello che dice e questo accende un sacco di lucine. 
“È vero, sono bravo ad ascoltare! Anche le storie!”

Quando leggi più lento vuol dire che una lucina si accende più lentamente delle altre quindi fa un po’ fatica a fare luce. A volte basta l’allenamento e poi la lucina si accende veloce come le altre, altre volte invece la lucina rimane un po’ più lenta in questo caso si chiama dislessia. 
Non è un problema tuo non è che non sei motivato, o che non ti impegni abbastanza, semplicemente quella lucina è nata così… 

Ma sai qual è un’altra cosa bellissima del nostro cervello? E che quando accendi una lucina si accendono anche tutte le lucine dello stesso filo quindi ad esempio se tu stai molto attento diventi più curioso e quindi impari più parole e riesce a spiegarti meglio e trovi tanti modi per risolvere i problemi. 

In ogni caso ricordati che tu puoi sempre aggiungere altre lucine ai fili, che quindi non faranno più vedere la lucina fioca, ma tutti insieme mostreranno una grande luce.

“Grande panda e piccolo drago”… e i pensieri disfunzionali

I pensieri sono per loro natura astratti, non concreti e questo rende la loro spiegazione difficile; per questo ho trovato nell’albo “Grande Panda e piccolo Drago” edito da Rizzoli, possa essere un aiuto concreto per capire i pensieri disfunzionali.

cosa sono i pensieri disfunzionali
Grande Panda e piccolo drago… e i pensieri disfunzionali

I pensieri disfunzionali sono stati spiegati per la prima volta da Albert Ellis, fondatore della REBT (terapia comportamentale razionale emotiva), percorso che si può riassumere in questi punti:

  • le nostre emozioni derivano dai nostri pensieri;
  • i pensieri disfunzionali, cioè che non raggiungono l’obiettivo di benessere mentale personale, possono portare a difficoltà emotive e comportamentali;
  • queste difficoltà possono essere superate conoscendo per poi cambiare i pensieri irrazionali con pensieri razionalie quindi funzionali all’obiettivo della salute mentale

Spesso i ragazzi si accorgono di avere pensieri fastidiosi e che provocano comportamenti che possono essere considerati non adeguati o comunque diversi rispetto a comportamenti avuti prima (prima uscivo e ora invece mi sento giudicato, prima facevo sport e adesso penso che tutto vada male e non riesco a farlo). Spiegare questi tipi di pensieri è il primo passo degli interventi di psicoeducazione, ne avevo parlato qui https://www.serenaneri.it/psicoeducazione-strumento-di-prevenzione/

Questo aspetto è fondamentale per prevenire disturbi di ansia, depressivi, disturbi del comportamento alimentare e in generale per un maggior benessere della persona. Comprendere questi pensieri ci permette di poter sentire meglio le emozioni provate, e quindi di attuare comportamenti adeguati, efficaci e che tendono al benessere.

la fatica del rendere visibili i pensieri

Spesso la grande difficoltà è rendere un pensiero concreto, trovare le parole giuste per descriverlo. Ancora un volta gli albi illustrati sono tornati in mio aiuto e soprattutto questo albo che è diviso in tavole singole, in cui la storia è rappresentate dall’insieme di momenti che accadono durante un anno. Le immagini accompagnate da brevi frasi, aiutano a creare nuove immagini e a legarle a propri eventi della vita.

“Prestare attenzione” è una frase che bambini e ragazzi si sentono dire spesso, ma come si fa in pratica a prestare attenzione? Sicuramente l’immagine in cui Piccolo Drago va a sbattere contro Grande Panda, rende decisamente meglio l’idea!

Da qui possono nascere altre ricordi di situazioni simili o di situazioni ipotetiche in cui occorre “prestare attenzione”.

Torniamo ai pensieri disfunzionali e conosciamone qualcuno.

pensiero catastrofico: andrà tutto malissimo!

Quante volte chiamiamo questi pensieri come pessimismo, vedere il bicchiere mezzo vuoto, realismo perchè davvero tutto va male. Ma collegate questa frase all’immagine seguente…

Forse non è più così reale che tutto vada male, che tutto sia negativo, forse il pensiero dovrebbe essere più ampio e vedere tutto ciò che sta davanti a noi.

Usare queste immagini ci permette di lavorare sia a livello relazionale ( i ragazzi e le ragazze a cui le ho proposte sono rimasti e rimaste, entusiasti!), sia stimolando il pensiero ipotetico che permette una maggiore flessibilità cognitiva. Partiamo dal pensiero scorretto, cerchiamo di trovarlo nella nostra realtà quotidiana, proviamo a correggerlo usando parole nuove e usiamo questa correzione ogni volta che sentiamo tornare il pensiero per cui “tutto va malissimo!”.

svalutare il positivo

Spesso gli obblighi sociali e morali, il bisogno di emergere e di avere determinate performance, ci porta a pensare che “non sono abbastanza bravə” . In modo semplice e diretto questa immagine ci può aiutare a comprendere e correggere il nostro pensiero. Penso di non essere abbastanza bravə, e ciò accade spesso quando utilizzo come metro il giudizio degli altri, mi confronto e perdo l’obiettivo finale …fiorire.

letTURA DEL PENSIERO

“Se faccio pensieri brutti sono una brutta persona?” disse Piccolo Drago “No” disse grande Panda “le onde non sono l’oceano e i pensieri non sono la mente”

Spesso un singolo pensiero occupa tutta la nostra mente, utilizza le nostre forze e ci limita nelle nostre azioni. La lettura del pensiero intende proprio soffermarsi su quanto diamo per scontato di sapere ciò che pensano gli altri, quanto ci concentriamo su un singolo pensiero e perdiamo la complessità di ciò che ci circonda.

devo e dovrei

Spesso le frasi che diciamo a noi stessi includono un dovere: un dover fare delle cose, dover essere in un certo modo, dover pensare alcune idee precise.

Quei “devo” che diventano pensieri limitanti che ci portano lontano dal momento presente e dalla presenza nel qui e ora. Partire da ciò che stiamo vivendo, dovrebbe aiutarci a togliere qualche obbligo mentale e a cambiare il dovere in una possibilità.

Potete approfondire il tema qui https://www.stefaniaciocca.it/2022/05/15/mindfulness-e-albi-illustrati-ep-3/ , Stefania Ciocca usando questo albo in modo mindfulness.

Una singola immagine può avere una potenza incredibile. Una singola immagine può aiutarci a concretizzare pensieri, emozioni e sensazioni. Una singola immagine può aiutare a raccontare la nostra storia o la storia della persona che abbiamo davanti

Spero vogliate prendere questo libro, scoprire la vostra immagine e dare forma concreta al vostro pensiero.

Psicoeducazione: strumento di prevenzione

“Funny routines” Head

La psicoeducazione è uno strumento di prevenzione nell’ambito della salute mentale. Sia per riconoscere difficoltà e disturbi sia per prevenire ricadute o difficoltà maggiori che possono presentarsi in futuro.

Fare prevenzione è uno degli aspetti fondamentali del nostro lavoro come professionisti della salute mentale, ne avevo parlato qui https://www.serenaneri.it/salute-mentale-libri-divulgativi-che-parlano-ai-ragazzi/ ed è per questo che ho pensato ad una formazione specifica per professionisti sul tema della psicoeducazione.

che cosa significa psicoeducazione?

La psicoeducazione consiste in più modalità e strumenti che hanno però alcuni obiettivi chiari e comuni durante tutto l’arco di vita:

  1. informare le persone e i famigliari su determinate difficoltà, disturbi, problemi o sul regolare sviluppo emotivo e sociale
  2. Fare prevenzione: evitare sia le ricadute in caso di disturbi conclamati, sia prevenire perchè le persone possano in tempi adeguati, riconoscere determinati problemi (ansia, depressione, attacchi di panico, chiusura sociale, dipendenze…)
  3. Gestire al meglio le ricadute sia nel momento di un’eventuale crisi, sia per capire al meglio quando le crisi potrebbero accadere.

Negli obiettivi stessi di questo strumento ritroviamo proprio il punto centrale dell’articolo: la psicoeducazione è uno strumento di prevenzione.

come si svolge un intervento psicoeducativo?
Emozionario, Nord-Sud edizioni

Esistono vari tipi di percorsi che dipendono anche dall’obiettivo stesso dell’intervento. Esistono interventi specifici per alcuni disturbi del neurosviluppo, come ad esempio interventi specifici per bambini e ragazzi con ADHD o disturbi dell’umore; ed esistono interventi mirati e calibrati sul singolo se non è presente una diagnosi definita, oppure se si lavora in modo preventivo. Gli interventi possono essere svolti in gruppo o in modo individuale. L’aspetto fondamentale è quello per cui il professionista deve conoscere in modo specifico e approfondito l’argomento che andrà a trattare. So che può sembrare una banalità, ma non lo è!

Pensate alla psicoeducazione alle emozioni: se pensiamo che basti spiegare le emozioni di base, incorriamo nel tranello di appiattire ciò che nella realtà è complesso. Un bambino può essere sia triste che arrabbiato, può provare malinconia ma non tristezza. Per questo le sfumature, la modalità con cui le proponiamo e con cui noi per primi le abbiamo sperimentate, fa davvero la differenza.

Potevo non consigliare qualche albo illustratoa riguardo?!?!
“Ci conosciamo” ed. Terre di Mezzo

Molto utile è ad esempio questo albo di Terre di mezzo che vede le emozioni in modo metaforico, le spiega non in modo rigido e poco realistico, ma dà la possibilità ad ognuno di leggere le proprie reazioni, le proprie sensazioni senza giudizio. Ne avevo parlato qui https://www.instagram.com/p/CaMezJ6gmOq/?utm_source=ig_web_copy_link

Molto utile e dettagliato specie per i più grandi è “L’emozionario” edizioni Nord-sud, in cui troverete tutte le sfumature delle emozioni accompagnate a illustrazioni diversissime che possano piacere e quindi possano arrivare in modo diverso ad ogni persona. Anche questo aspetto della psicoeducazione è fondante: ci sono elementi fisici simili in ogni persona, ma poi ci sono elementi di grande cambiamento che dipendono dalla storia personale, dalla propria vita e dai propri valori.

Dobbiamo sempre cercare di personalizzare il più possibile per raggiungere obiettivi che restino nel tempo e capaci di orientare al cambiamento personale.

due webinar di formazione sulla psicoeducazione

Per questo ho pensato di creare due webinar che trattassero questi temi, due incontri pratici e ricchi di spunti da poter utilizzare nella pratica quotidiana! Trovate tutte le informazioni nelle locandine qui sotto.

Pssst! i pensieri segreti di Viola … e il suo corpo…

un libro come strumento di prevenzione

Quanto sono segreti i pensieri, ma anche quanto sono concreti, reali, quanto ci fanno sentire bene o ci creano dolore e confusione. Proviamo a non sentirli, ma i pensieri segreti fanno parte di noi e ascoltarli aiuta a conoscerci, come accade a Viola in “Psst, i pensieri segreti di Viola” … e il suo corpo.

Psst! I pensieri segreti di Viola, Sinnos editore

Viola è un’adolescente che racconta ciò che pensa, ciò che sente, ciò che le fa paura ma anche ciò che le piace, Viola in questo libro racconta tante cose di sé, ma vorrei soffermarmi su come racconta il suo corpo.

Agli occhi degli adulti spesso il corpo di un adolescente è qualcosa di inatteso, inaspettato, qualcosa che evolve in maniera del tutto inaspettata ma anche spaventosa perchè incerta. Agli occhi di Viola il suo corpo… è esattamente così!

Viola cambia velocemente, si guarda, cerca di immaginarsi, di conoscersi, si ritrova nelle facce buffe e in quelle serie fatte davanti a uno specchio, scopre il suo nuovo compagno di vita, il suo corpo, attraverso lo specchio, attraverso gli altri e attraverso ai suoi pensieri.

“A partire dalla preadolescenza le certezze relative al proprio corpo vengono meno e l’individuo è sollecitato a costruirne di nuove , sulla base sia delle trasformazioni anatomiche e fisiche  sia delle attese sociali rispetto all’identità corporea tipizzata: cogliere il punto di vista altrui su di sé e riflettervi si propone come esigenza attiva, volontaria e fortemente ricercata”

-L’inganno dello specchio, L. Dalla Ragione e S. Mencarelli

Prova diversi vestiti, abbina, cambia, si cambia…forse cambia troppo o forse troppo poco; i pensieri si sovrappongono e cambiano da bellissimi a terribili, cambino in continuazione e spesso fermarli e osservarli diventa difficile. Viola cerca ricordi passati, pensa a colorarli a schematizzarli, cerca di racchiuderli in categorie definite…cerca.

come si forma la nostra immagine corporea
Chiedersi “Chi sono io?” significa conoscersi, costruirsi e costruire una mappa di sé in continuo cambiamento

Quello che mostra Viola è come realmente si forma la nostra immagine corporea, come pensiamo il nostro corpo, come lo vediamo e lo sentiamo. Viola attraverso le immagini sul foglio ci fa vivere il passaggio dai pensieri alla realtà, dall’astratto al concreto, e se questo processo non accade o si interrompe, i pensieri di inadeguatezza possono diventare più grandi di me, possono travolgermi.

Penso a quanto sarebbe utile portare questo libro nelle scuole, parlare già ai preadolescenti, del loro corpo, chiedere di guardare queste immagini così reali, così vivide, così vicine e pensare insieme al loro corpo, dare una voce ad un corpo.

Spesso quando si pensa ai disturbi alimentari si pensa che siano solo legati al cibo, ma la parte preponderante spesso è il pensiero legato al proprio corpo, qui la bravissima collega dott.ssa Francesca Tamponi ne parla in un articolo del suo blog: https://dalunediproject.com/index.php/2020/11/30/perche-la-tua-immagine-corporea-e-cosi-importante/

Il corpo viene considerato come un oggetto, da guardare, da misurare, da vestire, da adattare, da sistemare; un oggetto che deve raggiungere una determinata e predefinita forma. C’è una scena molto realistica nel libro in cui Viola si trova fra le frasi “sei un po’ cicciottella” “viola, mangia sei uno stecchino” e “sei assolutamente normale”, da queste frasi parte la ricerca di se stessa. Attraverso il suo corpo, attraverso la sua storia e attraverso le sue emozioni tenendo un diario colmo di disegni, appunti, materiale incollato… un diario che tiene insieme chi è lei.

perchè parlare di prevenzione?

Parlare di prevenzione significa modificare le parole che usiamo spesso in modo superficiale per fare spazio a relazioni e parole più attente, che vanno verso la persona e che non la ostacolano. Significa accompagnare lo sviluppo emotivo, cognitivo e fisico di una persona cercando di prevenire difficoltà o intercettarle prima che diventino un reale problema per la persona.

Fare prevenzione anche attraverso al disegno significa dare tempo e spazio, spazio inteso proprio come spazio fisico, alla persona di conoscersi, riconoscersi e disegnarsi.

“Il disegno che qui consideriamo nella sua funzione narrativa, è un’opportunità e, dunque, una responsabilità”

Prendere posizione, il corpo sulla pagina”, A. Trabacchini Hamelin

Quindi quando penso a questo libro penso a quante attività di attivazione si possono creare attorno alla storia di Viola che è la storia di tanti ragazze e ragazzi che imparano a conoscere il proprio corpo. Penso a quante attività riabilitative siano basate sul disegno del proprio corpo e quanto ci sia ancora poca consapevolezza e poco realismo nel disegnare il nostro vero corpo. Abbiamo interiorizzato una forma che spesso non ci assomiglia ma che assomiglia a ciò che desideriamo, a ciò che ci viene chiesto.

disegnarsi: prendersi spazio sul foglio

Disegnare il proprio corpo significa prendere e dare spazio a se stessi, significa modellare le proprie idee e poterle dare parole e colori. Scrivere ciò che ci viene detto significa prendere consapevolezza che alcune frasi non andrebbero proprio dette nemmeno con la giustificazione “ma non pensavo di poterti far male!”.

Accompagnare questa consapevolezza alla vista di immagini, alla lettura di parole, aiuta a comprendere che alcuni temi comprendono tutti, che non si è strani e nemmeno soli; questa consapevolezza può prevenire il radicarsi di pensieri estremi come “sono bruttə… sono enorme e non piacerò a nessuno… devo dimagrire per essere accettatə… mi vergogno del mio corpo o di questa parte del mio corpo…”.

Fare prevenzione è possibile nelle scuole, in casa, tramite un link su internet… è possibile in tanti diversi modi occorre però iniziare a farlo.

Il gioco in riabilitazione

giocare oltre le regole: progettare e divertirsi durante le attività

Il gioco in riabilitazione è uno strumento fondamentale per motivare i bambini e per raggiungere veri obiettivi riabilitativi. Ma andiamo con ordine.

perchè il gioco in riabilitazione?

La riabilitazione in età evolutiva, cioè con bambini e ragazzi, può avere varie caratteristiche:

  • può potenziare delle abilità presentii parte o in modo non sufficiente ( attenzione, memoria, pianificazione di una serie di attività),
  • può abilitare nel caso non siano presenti alcune specifiche abilità come ad esempio la capacità di condivisione o di relazione reciproca

In ogni caso la scelta del tipo di obiettivo avviene dopo una valutazione delle abilità specifiche della persona sia attraverso test, che attraverso un’attenta osservazione.

Il gioco è uno strumento fondamentale in riabilitazione perché dentro il gioco possiamo trovare storie, strumenti, agire sulla relazione e sulle singole abilità cognitive (attenzione, memoria, logica…) e assieme a questo il divertimento, la relazione interpersonale e la possibilità di mettersi alla prova attraverso situazioni nuove e che possono ripresentarsi nella vita di tutti i giorni.

Come organizzare il gioco in seduta

La prima cosa da fare è sempre pensare all’obiettivo che si intende raggiungere nell’intervento, sia nel lungo termine che nel breve termine, da qui si inizia a pensare a quale sia il gioco più adatto anche in base al desiderio e a ciò che piace alla persona.

Attenzione! Ogni gioco può essere adatto a un obiettivo perchè ciò che fa la differenza è il modo in cui lo pensiamo, e soprattutto i modi che ci aiuteranno a gestire gli errori e le difficoltà che possono emergere durante il gioco ( di errori ne avevo già parlato qui https://www.serenaneri.it/imparare-a-sbagliare-gli-errori-come-modello/) .

Prima di iniziare un gioco è importante pensare ai pre-requisiti, cioè a quelle caratteristiche che sono indispensabili per poter giocare. Ad esempio se è un gioco sulla turnazione, occorre che il bambino o la bambina conoscano l’alternanza del turno, se c’è un dado occorre che conoscano i numeri fino a 6… in caso contrario si può pensare a un dado con i colori e non coni numeri o di un’attività che aiuti nella conoscenza base di questa abilità.

gestire le difficoltà

Pensare a come gestire le difficoltà è un’altra parte fondamentale del gioco: in che modo correggere il bambino o la bambina davanti a un errore? Occorre dare un aiuto verbale o attraverso l’esempio e il comportamento?

Guardate ad esempio la foto qui sotto: come possiamo correggere questo errore nel posizionamento delle carte? Ma soprattutto quale sarà il metodo migliore perchè poi questa correzione possa essere generalizzata anche in altri contesti ed apprendimenti?

Possiamo ad esempio mostrare un modello della nave, indicare al bambino di riguardare con attenzione ciò che ha fatto, staccare leggermente le carte posizionate in modo errato e riprovare. Tutte queste modalità che richiamano le tecniche comportamentali più conosciute (modeling, shaping) sono corrette, ma vanno scelte capendo ciò che può servire di più alla persona. Questo significa anche riflettere a come può riproporre successivamente quella strategia in altri contesti.

Giocare in terapia deve sempre essere accompagnato al divertirsi, solo in questo modo stimoleremo la motivazione, l’attenzione e le capacità necessarie per poter potenziare anche le abilità superiori… e poi divertirsi fa un gran bene anche a noi adulti!

Se siete interessati a questo argomento, qui sotto trovate un link a Ko-fi e attraverso un piccolo caffè potete trovare un pdf in cui trovare altre informazioni sul gioco

Diventare grandi con la Mindfulness

Partiamo dal fatto che per molto tempo sono stata molto scettica rispetto la Mindfulness sia per la pratica che nella teoria, mi sembravano lontani dalla realtà, mi sembravano solo parole per vendere o convincere le persone, una delle tante mode che passavano per le sfere psicologiche e riabilitative. Poi ho iniziato a informarmi e capire di più perchè c’era qualcosa che in fondo mi attraeva in questa pratica della Mindfulness.

“Impareranno ad associare la mindfulness a qualcosa di benefico per loro, se praticarla sarà un momento di benessere e non di stress. Integreranno qualità mindful nella loro vita quando lo vedranno fare a te […] che sei l’adulto del loro cuore ” (pag. 29)

Ho letto alcuni articoli scientifici, studi specialistici, tutto chiaro ma mi sembravano ancora poco pratici e poco realizzabili; ho cercato alcuni libri per bambini, ma sembravano adatti solo a bambini già “adatti” a certi tipi di esercizi… poi ho scoperto questo libro.

Già dal titolo lo trovo bellissimo, il fatto che fare minduflness con i bambini significa esserlo noi come adulti; significa già incorporare il fatto che non è una pratica che va di moda, ma uno stile di vita che deve partire dagli adulti e si torna sul concetto fondamentale di esempio.

Lavinia ha condensato in questo libro anni di pratica in cui descrive le difficoltà delle persone che si sono avvicinate, assieme alle bellezze che la potenzialità mindfulness ha al suo interno; i libri che partono dalla sperimentazione sono sempre quelli che preferisco perchè sono concreti, pratici e reali. Durante la lettura del libro mi sono sentita meno imperfetta, più capace, e ho pensato che già questo passaggio sia fondamentale per il lavoro che svolgo con bambini ragazzi ogni giorno. Chiedo loro di sentirsi così: capaci. 

Questo libro permette di cogliere la pratica mindfull nella generalizzazione di ogni momento, certo sono presenti esercizi e spunti per poter avere momenti dedicati, ma è tutta la spiegazione precedente che permette davvero di poter cambiare.

All’interno del libro troverete Goleman, San Francesco di Sales, citazioni di bambini e di adulti, riflessioni che vi colpiranno sul personale e altre che vedrete subito trasportabili nella pratica quotidiana. Troverete e ritroverete tanti aspetti conosciuti come l’importanza delle emozioni, il mito della perfezione e la ricerca della felicità, ma troverete anche le riflessioni che stanno dietro a queste estenuanti e sempre presenti ricerche.

Quindi se come me siete un po’ scettici, vi sentite distanti o semplicemente volete conoscere qualcosa in più senza scendere in troppi tecnicismi, questo è il libro che fa per voi…e vedrete come leggerlo sarà già un momento mindful per venire in contatto con le vostre emozioni o con ciò che siete.

Trovate tutto qui https://laviniacostantino.com/diventare-grandi-con-la-mindfulness

Imparare a sbagliare: gli errori come modello

Siamo stati cresciuti ed abituati a vivere l’errore come un fallimento, ci hanno insegnato  che sbagliare vuol dire non impegnarci abbastanza e che gli errori il più delle volte, sono solo colpa nostra, non siamo mai riusciti a vedere gli errori come un modello, non abbiamo davvero imparato a sbagliare.

Qualcuno ha provato a spiegarci che a volte si impara proprio dai propri errori.

Abbiamo letto libri, visto film in cui i protagonisti hanno vissuti i propri errori in modo positivo e ne sono risorti, e altri che sono stati schiacciati dai propri errori.

Ma in riabilitazione spesso gli errori sono ciò che ci aiuta fare una diagnosi, ci dicono cosa non funziona come dovrebbe. Alcuni errori derivano da un disturbo  neurobiologico, altri invece da difficoltà che trovano le loro radici in apprendimenti non corretti, e non mi riferisco solo ad apprendimenti a livello scolastico ma anche di tipo relazionale ed emotivo.

In ogni caso l’errore diagnosticato ci dice le difficoltà ma non è sufficiente per capire come e quale passaggio possiamo potenziare o riabilitare per aiutare la persona che ho davanti.

Possiamo creare assieme a loro un modello! Sì come il carta modello che si usa per tagliare i vestiti, un modello che serve come base ma che poi si può modificare a seconda delle necessità!

Cosa possiamo fare per questi bambini e ragazzi, per comprendere realmente il loro errore? Possiamo creare assieme a loro un modello! Sì come il carta modello che si usa per tagliare i vestiti, un modello che serve come base ma che poi si può modificare a seconda delle necessità!


 Ma c’è un altra funzione dell’errore che mi preme, ed è quando l’errore lo compiamo noi adulti ( in famiglia, sul lavoro, con gli amici…) e magari riusciamo anche a spiegare il perchè è stato commesso quell’errore ma spesso il problema è chiedere scusa.

La maggior parte di errori comunicativi deriva proprio dalla difficoltà o dall’incapacità di riuscire a chiedere scusa, dal fatto che abbiamo ancora quel pensiero disfunzionale che ci limita e ci impone di pensare che il nostro errore è un fallimento.

Quando parlo con gli adolescenti del come vivono i propri errori a scuola, ad esempio, il problema maggiore è sempre legato al “cosa penseranno gli altri” ed è lo stesso pensiero che ho avuto io e che ancora ogni tanto giunge alla mia mente quando qualcosa non va come avevo desiderato.

Ecco qual’è la nostra percezione dell’errore, è legata al giudizio che gli altri potrebbero avere su di noi…attenzione: potrebbero! Perché c’è un altro pensiero in agguato in queste situazioni, l’avere la certezza che davvero quell’errore possa cambiare il pensiero che gli altri hanno su di me.

Ma se penso al motivo dell’errore e sono capace di spiegarlo in modo adeguato tutti questi pensieri non hanno più senso e posso dare a quello sbaglio la giusta dimensione: un piccolo passo falso e non un intero cammino sbagliato.

Ecco qual’è la nostra percezione dell’errore, è legata al giudizio che gli altri potrebbero avere su di noi

Cerchiamo sempre di più di non fermarci agli errori come sbagli ma come linee guida per costruire nuovi modelli.

Storie per raccontarsi

 

Albi illustrati
albi illustrati

I libri hanno sempre fatto parte della mia vita, sono una lettrice accanita e adoro spaziare fra moltissimi generi diversi, ma soprattutto adoro il senso di piacevolezza che ho dopo la lettura, come adoro l’attesa del momento della giornata che potrò dedicare al mio libro del momento. Quando ho iniziato a lavorare nel mondo della psichiatria adulti ho trovato alcuni progetti legati alla scrittura e alla lettura, ma mi sembrava che a tutti mancasse qualcosa… mancasse la parte emotiva, che fossero un insieme di lezioni frontali che non andassero però a toccare la persona nella sua interezza e nemmeno la storia narrata nella sua profondità, ma che fosse un oggetto al pari di un tavolo o una sedia.

Quando ho iniziato a lavorare con bambini e ragazzi ho cercato di studiare ed informarmi il più possibile su teoria e pratica della letteratura per non vederla solo come un esercizio strumentale o come un esercizio di comprensione, ma perchè la lettura potesse avere un impatto riabilitativo e di salute mentale intesa come benessere personale.

Ma andiamo con ordine, perchè le storie iniziano sempre con un bell’incipit!

Cosa intendiamo per albi e libri per bambini?

Un albo è un libro illustrato, di non molte pagine di formato variabile, con parole semplici, frasi concise, concetti chiaramente espressi e facilmente comprensibili adatto per suscitare interesse e curiosità  ( A. Rauch, Ad occhi aperti- Donzelli ed.).

Partiamo proprio da questa semplice quanto profonda definizione: l’albo ha al suo interno immagini e parole e l’obiettivo finale è quello di suscitare curiosità ed interesse. Da qui partiamo per capire come  un albo  illustrato sia utile per il nostro lavoro riabilitativo.

Ciò che proponiamo a bambini e ragazzi ha sempre l’obiettivo di migliorare, abilitare, riabilitare e aumentare il senso di efficacia personale grazie all’acquisizione di nuove abilità.

Queste abilità da acquisire necessitano però di una curiosità di base che permetta al bambino e ragazzo di muoversi verso quell’obiettivo per non perdere la fiducia durante il progetto, la curiosità stimola la motivazione, e l’albo può essere uno strumento davvero importante per  iniziare un rapporto terapeutico e anche per mantenerlo vivo durante il suo svolgimento.

Un primo approccio è proprio quello della  curiosità, scegliere un albo che possa far dire al bambino o al ragazzo: “cosa succede in questa storia? cosa succede a questo personaggio?”

Alcuni titoli che possono essere considerati alimentatori di curiosità sono:

“Una storia molto in ritardo” di Marianna Coppo;

“Ti cerco, ti trovo” di A. Browne;

la trilogia di Suzy Lee ;

la trilogia di Aaron Becker;

( per gli adolescenti)

“L’albero rosso” di Shaun Tan;

I silent di David Wiesner.

Sono solo alcuni dei titoli che infondono curiosità, stimolano la conoscenza interpersonale e aprono a un dialogo in cui non ci siano solo domande dirette di conoscenza. Certo il bambino o ragazzo deve gradire questa modalità, perchè ricordiamoci sempre che il libro è uno strumento, ma siamo sempre noi “artigiani della mente” a scegliere e condurre lo strumento migliore per la persona che abbiamo davanti.

La lettura di un albo  può avere svariati obiettivi: il primo che abbiamo già visto è quello di conoscenza, di relazione, di partecipazione. Questo obiettivo è il primo da raggiungere ma anche quello che non deve mai mancare quando si affronta la lettura di un albo; dobbiamo sempre entrare in relazione con il bambino o il ragazzo, dobbiamo stimolarlo verso nuovi libri o nuove modalità di lettura, anche se ci sarà un obiettivo diverso da quello prettamente relazionale.

COME LEGGERE GLI ALBI ILLUSTRATI

Ilaria Tontardini seleziona alcune modalità di lettura degli albi, la prima sta nelprendere e toccare.

Vi sembrerà una modalità sciocca, scontata, ma pensate ai bambini con difficoltà comportamentali, disregolazoni emotive, oppositivi provocatori, pensate a loro con un libro in mano…. potrebbero romperlo, strapparlo, guardare la copertina e poi gettarlo a terra, agire su questa prima modalità è già iniziare  un intervento riabilitativo.

Possiamo darci come obiettivo primario il controllo dell’impulsività e a seguire l’autoregolazione dei comportamenti, la presa di coscienza dei tempi…e ancora una volta, la relazione. Quella relazione che si instaura fra noi e il bambino e che aiuta a non voltare in fretta le pagine, a creare la giusta attesa fra una pagina e l’altra, il prendersi cura di un oggetto che contiene al suo interno una storia. Alcuni libri possono risultare  anche abbastanza delicati per via di alcune pagine intagliate, ad esempio “Un giorno nella vita di Dorotea Sgrunf” edito da Lupo Guido, ha pagine che creano scenari intagliati, perché i bambini possano toccare e sfogliare queste pagine devono porre attenzione sui gesti, inibendo quello che solitamente è un gesto impulsivo.

Mentre lavoriamo su tutti questi obiettivi, stiamo impregnando questi gesti di una relazione di fiducia, di una capacità di attesa e di rispetto e questo si unisce al secondo gesto che è quello dello sfogliare, non solo inteso come gesto fisico ma proprio come desiderio di procedere nella storia. Alcuni albi hanno già al loro interno domande che invogliano i bambini ad andare avanti, e spingono la loro curiosità nel cercare qualcosa di nuovo, nel cercare le risposte.

Pensate solo a questi 3 gesti apparentemente semplicissimi, pensate a quanti sistemi neurobiologici avete toccato, ve ne scrivo alcuni giusto per farvi capire l’importanza della lettura: relazione, inibizione, attenzione condivisa, attenzione sostenuta, allerta, attenzione selettiva, autoregolazione, manualità.

Ognuna di questa viene incentivata sempre grazie alla nostra presenza, alle parole o alla posizione con la quale leggiamo. pensate proprio all’importanza del “come” leggere insieme: mi metto di fronte, a fianco, il libro davanti a me, il libro in mezzo fra i due, il libro lo tengo solo io o anche il ragazzo… ognuno di queste scelte può essere corretta a seconda dell’obiettivo finale. Ad esempio se voglio allenare l’attenzione sostenuta, terrò io il libro e sfoglierò le pagine con la mia velocità, se voglio creare uno scambio, potrei tenere io in mano il libro e l’altro sfoglia le pagine.

Ora veniamo alla modalità di lettura, perchè ogni volta che un bambino o un ragazzo vedrà un libro vi chiederà se deve leggerlo! Sì lo deve leggere ma, guardando le immagini. Una cara amica esperta di arte mi faceva ragionare su quanto le immagini siano state per secoli libri da leggere ( per esempio la Sappella degli Scrovegni, la Basilica di Assisi, la Cappella Sistina…tutte storie che si leggono guardandole) e spesso noi sottovalutiamo la potenza dell’immagine. I ragazzi pre adolescenti o adolescenti possono trovarsi inibiti davanti a un libro illustrato, potrebbero considerarlo da bambino, oppure potrebbero restarne meravigliati se li accompagnano nella lettura rendendo quella storia vicino a loro. Ho provato questa modalità sia con “L’albero rosso” di Shaun Tan che con “un bacio e addio” di Jimmy Liao, due albi potentissimi, carichi visivamente ed emotivamente.

Chiedere al bambino o al ragazzo di guardare un immagine significa percepire il contesto, il personaggio, le emozioni che prova attraverso l’osservazione attenta delle espressioni del volto o della postura, i colori dell’immagine ci rimandano a una sensazione, un’emozione che va tradotta in parole. Non è forse questa la psicoeducazione? Non stiamo forse parlando di trovare le giuste parole per parlare di ciò che provo, di dare ad ogni sfumatura emotiva le giuste parole perchè anche l’altro possa capirle?

Arriviamo così alla modalità del “raccontarsi” partiamo da una storia, l’abbiamo letta insieme e come terminiamo la lettura con il nostro bambino o ragazzo? Chiudiamo il libro e gli diciamo “bravo”? No, restiamo con il libro aperto e cogliamo un aspetto che lo ha colpito per parlare di questo e per parlare di lui con lui.

L’albero rosso di Shaun Tan

Un racconto nasce sempre per narrare una storia, anche se breve e semplice, ma una storia, e anche i bambini e ragazzi che seguiamo hanno una storia: possono raccontare di quando si sono sentiti felici o spaventati, di quando anche a loro un amico ha fatto uno sgarbo, di quando non hanno capito qualcosa che stava succedendo, di quando hanno avuto bisogno di un aiuto o di quando volevano starsene da soli… raccontarsi è fondamentale per autodeterminarsi, per creare la propria storia, per mettere in ordine gli avvenimenti della propria storia, che seppur piccola ha bisogno di essere raccontata.

Possiamo avere  anche obiettivi più precisi, durante la lettura o quando scegliamo un libro da proporre, che rientrano nel programma riabilitativocome il potenziamento attentivo, cognitivo, la capacità relazionale, il problem solving…

Ed è proprio su questo ultimo punto che vi suggerisco alcuni albi davvero belli che creano e fanno nascere riflessioni sull’importanza del sapere risolvere e gestire un problema ma anche sulla capacità di ipotizzare ciò che succederà. ( vi avverto che alcuni sono difficili da reperire ma in una biblioteca ben fornita o su siti di libri usati, potete ancora trovarli)

“ Indovina che cosa succede” di G. Muller, Babalibri

“ Il libro rosso” di Barbara Lehman

“ Tortintavola” di Thé Tjong- Khing

“ Mr. Ubick” di David Wiesner

Sono pochissimi libri confronto ai molti in circolazione, ( al termine della newsletter troverete alcuni link preziosissimi per avere idee e titoli), ma l’idea che lega tutti questi libri è nella domanda “cosa accadrà dopo?”. Molti dei ragazzi che seguo hanno grandi difficoltà a farsi questa domanda e agiscono d’impulso nella loro vita quotidiana, nel porre questa domanda durante la lettura e nel riprenderla nelle attività successive, aiutiamo i ragazzi ad interiorizzare una domanda che è fondamentale per ogni scelta e comportamento che si mette in atto quotidianamente.

Non posso scrivervi tutti gli albi di valore che ci sono in commercio, tutti quelli che hanno al loro interno la bellezza, la potenza delle immagini, ma posso darvi alcune indicazioni su ciò che dovete ricercare e farvi aiutare da bravi librai e bibliotecari.

Cercate dei libri belli: non semplici, non facili, non corti,  belli.

I bambini e i ragazzi devono essere abituati ad immagini belle, devono essere abituati a soffermarsi sui dettagli, sulle sfumature, devono essere incuriositi dai cambiamenti fra una pagina e l’altra.

Gli obiettivi di cui vi ho parlato fino ad ora, devono essere presenti in tutte le letture perché l’approccio all’albo non sia un esercizio di meccanica lettura e nemmeno un momento di inquisizione in cui si fanno mille domande senza ascoltare o porre attenzione a ciò che ci vuole comunicare il bambino o  il ragazzo.

Fra tutti libri citati fino ad ora trovate moltissimi Silent Book, libri senza parole, dove l’attenzione alle immagini crea la storia; sono i miei libri preferiti in assoluto perchè aprono mondi di parole e di vissuti in modo del tutto inaspettato…magari di loro vi parlerò la prossima volta..

Albi illustrati: Becker, Wiesner, Hauptman